7 mag 2015

Abbattere la “competizione” sul lavoro per superare il neoliberismo

Cercare di porre fine alla competizione forsennata tra i lavoratori su cui si basa il sistema economico dominante potrebbe essere un primo mattone per un suo superamento e per la costruzione di un sistema più umano, capace di mettere l’uomo al centro al posto del mero profitto. Per farlo bisogna sradicare il concetto stesso culturale di competizione e anche quello di merito“.

Maurizio Landini ci sta simpatico, sicuramente non potrà essere l’uomo della provvidenza della sinistra italiana ma ha il merito, se non altro, di aver toccato alcuni temi nevralgici che una “sinistra” degna di questo nome dovrebbe riprendere in mano e da cui dovrebbe ripartire. “Io voglio impedire la competizione tra i lavoratori”, ha detto Maurizio Landini, leader della Fiom, intervistato da Lucia Annunziata per “in 1/2 ora”. Per la verità Landini ha detto anche molto altro, rispondendo per le rime a Matteo Renzi e parlando ancora una volta della sua “Coalizione Sociale” che vorrebbe lanciare, un modo per mettere insieme il mondo del lavoro e non un movimento politico per sostituire l’attività del sindacato, una sorta di “aggregazione sociale con una funzione politica” che si propone ovviamente di battere sul loro terreno governo e Confindustria. Landini per la verità è andato anche nel dettaglio della critica a Renzi dimostrando come e in che modo abbia sostanzialmente tolto per decreto diritti a tutti, dividendo il mondo del lavoro, smantellando l’articolo 18 e guardando sistematicamente ai diritti di alcune imprese piuttosto che ai diritti dei lavoratori. Ma indipendentemente dalla bontà o meno del progetto della Coalizione Sociale secondo noi Landini ha centrato il punto principale, quello della lotta culturale a questo sistema. E lo ha fatto quando ha
parlato chiaramente di “fine della competizione” tra lavoratori come fine da raggiungere. Per farlo però bisogna combattere una guerra culturale senza esclusione di colpi con un sistema economico, quello capitalistico-neoliberista, che accetta ormai come unico valore quello del “profitto”. L’essere umano sembra ormai ridotto a unità di produzione , svuotato quindi di umanità e di utilità in un progetto comune. Chi non ce la fa secondo il sistema economico e culturale neoliberista è da considerarsi alla stregua di un fallito o di un parassita e non bisogna fare nulla per non lasciarlo indietro. E, dal momento che l’unica cosa che conta è il profitto, tutto a esso viene subordinato come una grande macina che distrugge e assorbe tutto quello che non gli serve. Di conseguenza i diritti dei lavoratori sono diventati un impedimento, un fattore di disturbo per il dispiegarsi di profitti sempre maggiori, e il fatto che i lavoratori, al posto che fare sistema e fare i propri interessi abbiano introiettato questo modo di pensare facilita non poco il campo a coloro i quali sguazzano all’interno di questo sistema economico e di potere. La competizione tra lavoratori, a ben guardare, serve solamente ai “padroni” intesi come coloro i quali si avvantaggiano del lavoro dei dipendenti prendendosi la maggior parte dei profitti. Una competizione tra poveri nella quale i lavoratori combattono tra di loro per emergere e farsi notare dal “padrone”, ma anche per se stessi, per dimostrare cioè in una società pervasa di individualismo che valgono di più degli altri “poveracci”, che si è “speciali”, dopotutto. Un sistema che favorendo la competizione totale parallelamente diffonde il sogno della cooptazione, così i lavoratori saranno ben contenti di combattere tra di loro, ognuno convinto di valere più degli altri e di essere in grado di dimostrarlo per farsi notare e farsi magari cooptare in una posizione migliore. Cosa accadrebbe se i lavoratori la smettessero di competere tra di loro e cominciassero a competere come gruppo sociale contro altri gruppi sociali? Cosa accadrebbe se i lavoratori cominciassero a opporre all’individualismo competitivo sfrenato del neoliberismo all’americana una solidarietà senza fine figlia dell’umanesimo europeo e dei valori progressisti dell’illuminismo e del socialismo (e perchè no, anche di un certo cristianesimo) ? E se al posto che competere tra di loro per un maledetto salario o per un premio di produzione i lavoratori cominciassero a capire che cooperando tra di loro potrebbero anche gestire una attività da soli, senza bisogno di un capo da blandire e da temere? Per farlo occorre un collante, una ideologia, e per quanto sia già importantissimo che uno come Landini abbia centrato questo nodo gordiano, il fronte dei lavoratori andrebbe innervato anche di una ideologia capace di tenere tutto assieme e di muovere verso un obiettivo comune. E in questo senso nessuno ha ancora fatto meglio di Marx.
Gracchus Babeuf

Nessun commento:

Posta un commento