Il miracolo ungherese: lontano
da Bruxelles si può risorgere economicamente
L'esempio di Victor Orban: un politico che fa gli
interessi del suo popolo e che si ribella ai diktat europei
L’Italia
(insieme alla Grecia) è la zavorra d’Europa? Oppure, magari, è l’Europa la
zavorra dell’Italia? L’Europa col suo sistema monetario rigido, il fiscal
compact, le pretese della Merkel. A riguardo c’è un esempio che vale la pena
riportare. Ed è quello dell’Ungheria.
A tal proposito è di estremo interesse leggere cosa scrive Cesare Sacchetti sul sito L’Antidiplomatico nell’articolo: Viktor Orban e il miracolo ungherese: lontano da Bruxelles si può risorgere economicamente.
A tal proposito è di estremo interesse leggere cosa scrive Cesare Sacchetti sul sito L’Antidiplomatico nell’articolo: Viktor Orban e il miracolo ungherese: lontano da Bruxelles si può risorgere economicamente.
«Quando lo
Stato fa la sua parte, e bene, – scrive Sacchetti – una nazione non potrà che
trarre beneficio dal suo intervento. L’Ungheria guidata da Viktor Orban, è
l’esempio più chiaro di come lo Stato possa risanare una situazione di
instabilità economica, utilizzando gli strumenti economici che la macchina
statale ha a disposizione».
Secondo il
giornalista dell’Antidiplomatico «La rinascita dell’Ungheria passa in primo
luogo dal controllo della Banca centrale da parte del Governo, con la nomina di
un direttore imposto dall’esecutivo per riguadagnare il controllo della
politica monetaria della nazione e infrangere definitivamente il tabù liberista
della sua indipendenza, sempre in omaggio alle teoria quantitativa della moneta
che associa la stampa della moneta all’inflazione. Una teoria rigettata dallo
stesso Milton Friedman, il suo esponente più noto che negli ultimi anni della
sua vita riconobbe la fallacia di questa equazione sulla quale sono impostati i
trattati europei che hanno come obiettivo principale non il raggiungimento
della piena occupazione, ma quello della stabilità dei prezzi. In questo
contesto l’eurozona è trascinata in una spirale deflattiva che si abbatte sulle
economie dei paesi europei, con consumi ridotti ai minimi termini e una
disoccupazione crescente».
«Orban –
prosegue l’articolo – ha voltato le spalle ai dogmi del liberismo che avevano
portato l’Ungheria a lasciare per strada più di 10 punti di PIL, ed è ripartito
dalla centralità dell’intervento pubblico con la nazionalizzazione del sistema
pensionistico, opponendo un netto rifiuto all’ipotesi dell’ingresso del suo
paese nell’Eurozona. E per questo si è guadagnato la fama di malvagio
antieuropeista nei corridoi di Bruxelles, che ha ridotto i finanziamenti
europei all’Ungheria per punire chi non si è voluto allineare ai suoi diktat.
Sanzioni che a quanto pare non hanno influito minimamente sull’andamento
dell’economia ungherese, che sta conoscendo un vero e proprio boom con il PIL
che dall’inizio del 2014 è volato ben oltre il 7% e l’anno ancora non si è
concluso».
Ma chi è
veramente Orban? Sacchetti lo descrive come «Un personaggio decisamente
scomodo, Orban, che ha abbandonato la politica filo atlantista per girare lo
sguardo a est verso Mosca, con la quale ha costruito un solido asse di
collaborazione e procede speditamente insieme al Premier Serbo Vucic alla
realizzazione del gasdotto Southstream, osteggiato dalla Commissione Europea
perché bypasserebbe l’Ucraina nella fornitura di gas ai paesi europei. La
partita fondamentale per restituire all’Ungheria il controllo delle proprie
risorse energetiche, passa dal controllo dei servizi pubblici per i quali Orban
sta proseguendo su una strategia di nazionalizzazioni già iniziata nel 2010 ,
riprendendo il possesso della controllata ungherese del settore energetico
posseduta dal gruppo tedesco E.ON., della società petrolifera MOL e di una
società idrica che era stata acquisita dalla francese Suez».
Secondo
l’Antidiplomatico «L’obiettivo è ottenere il controllo dei servizi pubblici
e delle utilities: “Una volta per tutte dobbiamo fermare l’era in cui i
fornitori di servizi energetici potevano fare utili alle spalle della gente”,
ha dichiarato il primo ministro magiaro. Un vero e proprio strappo alle
politiche liberiste imposte dalla Commissione Europea, fondate sulla
privatizzazione dei servizi pubblici e sul controllo delle authority che come
dimostra il caso italiano non fanno altro che sanzionare una situazione di
monopolio privatistico sui settori pubblici che posseggono le caratteristiche
di monopoli naturali, perciò il privato si trova in condizioni ideali per
trarre profitto dal controllo dell’energia elettrica o dei trasporti non
potendo avere concorrenti, e il risultato è stato il lievitare dei costi delle
utility e lo scadimento dei servizi».
«Un
principio – secondo Sacchetti – che Orban conosce bene e non intende fermarsi
su questo cammino, mandando un avvertimento alla tedesca E.ON. per una prossima
acquisizione totale della compagnia. La strada per sfidare i poteri forti passa
proprio da qui, sul controllo degli strumenti fondamentali economici attraverso
i quali lo Stato può intervenire per sanare quelle situazioni di squilibrio e
di controllo monopolistico da parte di mastodontici gruppi privati stranieri,
assumendone egli stesso il controllo per ottenere un calo delle tariffe e
rendere così il servizio fruibile anche ai meno abbienti».
Secondo
l’Antidiplomatico questo modello apparteneva all’Italia «fondato sulla
gestione dei servizi pubblici, demonizzato e vilipeso nel corso degli anni da
una campagna mediatica sostenuta anche e sopratutto da economisti di fede
liberista, che hanno dipinto lo Stato come il nemico da abbattere dipingendolo
come un intruso che non può e non deve secondo la loro visione mercantilista
intervenire nella regolazione dei processi economici. Il risultato, lo abbiamo
constatato sulla nostra pelle, è stato la creazione di un’anarchia liberista
che accentra su di sé tutti i poteri più importanti di cui l’economia ha
bisogno e comprime ogni spazio di manovra che lo Stato può utilizzare per
invertire la tendenza. In questo modo si continuano a seguire politiche
procicliche che non fanno altro che aggravare la recessione.
Il primo ministro ungherese ha deciso di non vendere il suo paese alle élite transnazionali che stanno, al contrario, saccheggiando il nostro, ha sfidato coraggiosamente i poteri forti ed è stato premiato con la rielezione e una ripresa formidabile. Un politico che fa gli interessi del suo popolo deve prendere esattamente queste decisioni a livello economico e ribellarsi ai diktat di Bruxelles. Quanto ne avremmo bisogno anche in Italia….»
Il primo ministro ungherese ha deciso di non vendere il suo paese alle élite transnazionali che stanno, al contrario, saccheggiando il nostro, ha sfidato coraggiosamente i poteri forti ed è stato premiato con la rielezione e una ripresa formidabile. Un politico che fa gli interessi del suo popolo deve prendere esattamente queste decisioni a livello economico e ribellarsi ai diktat di Bruxelles. Quanto ne avremmo bisogno anche in Italia….»
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